Elenco composizioni
Elenco composizioni
Morto giovanissimo, Novalis (al secolo Friedrich von Hardenberg, 1772 - 1801) fu del romanticismo tedesco il sacerdote e il poeta, il puro canto.
Dai suoi inni alla Notte (Hymnen un die Nacht) Aldo Finzi trae spunto per questo poema sinfonico che si discosta notevolmente dal resto della sua produzione per la grande varietà delle situazioni e la precisa individuazione tematica.
Concepito, per così dire, "a pannelli", secondo un modulo caro ai compositori fra le due guerre e che risale a Gian Francesco Malipiero, il brano presenta un materiale estremamente sobrio, caratterizzato da linee volutamente poco definite, alla maniera di Debussy, ma assai varie nel metro e nella dinamica.
Le sezioni si contrappongono con bruschi trapassi di luce ed ombre e sembrano seguire la traccia dei canti novalsiani, anche se mancano esplicite citazioni.
Il lavoro di trasformazione tematica è qui assai raffinato, tanto da stentarsi a riconoscere un tema che pure si era udito poco prima, secondo un tema compositivo che tende a togliere e che sarà tipico dell’ultimo Finzi. Da un tema di otto battute, esposto all’inizio dal clarinetto, solo su di uno sfondo dei primi violini, preceduto da un arpeggio dei flauti, il compositore costruisce tutta la prima parte del poema, che si avvale del principio della variazione. I motivi sembrano germinare gli uni dagli altri con una continua proliferazione di idee e si avvalgono della strumentazione per distinguere timbricamente lo stacco fra un momento e l’altro.
Orchestra come sempre assai nutrita, che alterna delicate zone cameristiche ad episodi a piena orchestra, il classico "tutti" di Finzi. Quella dell’inizio citato è l’atmosfera misteriosa e lunare di Novalis ("Lodata sia da noi l’eterna notte, lodato l’eterno sonno"), cui fa contrasto l’attacco violento di violoncelli, contrabbassi, fagotti e clarinetto basso della seconda parte, dall’inesorabile impeto motorio e annunziato da una formidabile fanfara degli ottoni ("già nel senso della terra, via dal regno della luce, l’infuriare e il selvaggio urlare dei dolori è segno di gioiosa partenza").
Alla fine di questo corrusco episodio, inizia la sezione più decisamente contemplativa del brano, un "solo" struggente del flauto accompagnato dagli arpeggi d’arpa e di celesta, che creano uno sfondo diafano e terso di cristalli dove traspare un sentimento di rassegnata malinconia; un lungo episodio di carattere cameristico dove è ammirevole l’alternarsi degli strumenti, e il dialogo delicato degli archi Momento di grande suggestione ("il cuore è sazio, il mondo è vuoto").
Ma il poema volge ad una seconda parte in netto contrasto, di natura eroica. Un’impennata dei corni e dei violoncelli di carattere straussiano riporta il clima nell’ambito di una tensione notevole, che gli episodi lirici che si susseguono non riescono ad attenuare. Ritorna però il tema iniziale trasformato in onda di canto (caratteristico del compositore è questo adeguare un frammento tematico a situazioni diverse e piegarlo a molteplici significati). Ora tutto il materiale viene rielaborato con arte, e i frammenti appaiono sotto luce diversa. Si delinea un finale di imponente sonorità, dove l’orchestra lascia udire dalle trombe e dai corni un ampio canto di ringraziamento, in un luminoso si bemolle maggiore, con cui si chiude il lavoro (“Io vivo di giorno pieno di fede e di coraggio, e muoio le notti in sacro ardore”).
(1932)
mercoledì 15 settembre 2010
Inni alla notte, poema sinfonico